Bangladesh
Pil pro capite
1.516,51 USD (2017)
Aspettativa di vita
71 anni uomini, 75,4 donne (2016)
Paesi che si possono visitare senza bisogno di visto
40, è al 99° posto (2019)
Global Peace Index
101° su 163 stati (2019). Il paese meno pacifico (163°) è l’Afghanistan
Freedom Index
41/100; stato parzialmente libero
Indice di percezione della corruzione
26/100; al 149° posto su 180 paesi
Popolazione e governo
Il Bangladesh è un paese di circa 160 milioni di abitanti collocato a est dell’India sul Golfo del Bengala. I confini dell’odierno Bangladesh sono stati stabiliti con la partizione del Bengala nel 1947, quando la regione divenne la porzione orientale del neocostituito Pakistan, sebbene separata dal resto dello stato da 1.600 km attraverso l’India. Discriminazioni linguistiche, politiche ed economiche condussero ad agitazioni popolari contro il Pakistan occidentale, che portarono alla guerra per l’indipendenza nel 1971 e la costituzione dello stato del Bangladesh. Tuttavia, la nuova nazione ha dovuto sopportare carestie, catastrofi naturali e la povertà diffusa, così come sconvolgimenti politici e colpi di stato militari. Il ripristino della democrazia nel 1991 è stato seguito da una relativa stabilità e progresso economico. Il Bangladesh è tra i paesi più densamente popolati del mondo e ha un elevato tasso di povertà.
Situazione nel paese
In Bangladesh continua una dura repressione contro coloro che si oppongono o sono critici nei confronti della Lega Awami al potere. Tra questi, membri e sostenitori dell’opposizione politica, giornalisti, membri di spicco della società civile, studenti e persino bambini in età scolare. La leader del Partito nazionalista del Bangladesh, Khaleda Zia, è stata condannata e incarcerata. Migliaia di sostenitori dell’opposizione, compresi leader di alto livello, hanno subito accuse infondate.
Il Bangladesh continua ad avere uno dei più alti tassi di matrimonio infantile al mondo. Nonostante l’impegno del governo di porre fine alla pratica entro il 2041, progressi significativi devono ancora essere compiuti. Le autorità non sono riuscite a far rispettare correttamente le leggi per proteggere le donne in caso di violenza sessuale, stupro, abuso domestico e attacchi con l’acido.
In materia di orientamento sessuale e identità di genere, anche se il governo ha compiuto alcuni passi avanti negli ultimi anni, ad esempio dichiarando il riconoscimento legale di una terza categoria di genere per gli hijra (a volte indicati come donne transgender), le minoranze sessuali e di genere sono rimaste costantemente sotto pressione e minaccia. Infatti temono per la loro incolumità, in un clima di impunità per gli attacchi alle minoranze da parte di estremisti religiosi, e hanno la percezione che le autorità negherebbero gli attacchi, piuttosto che muoversi in loro difesa.
Migrazioni forzate in Bangladesh
Un anno dopo la brutale repressione da parte dell’esercito del Myanmar, quasi 1 milione di rifugiati rohingya continuano a vivere nei campi in Bangladesh. Il governo ha ostacolato alcuni miglioramenti delle infrastrutture, in particolare in materia di alloggi e istruzione, perché insiste sulla temporaneità dei campi e sul rimpatrio dei rifugiati come unica soluzione duratura. I gruppi vulnerabili, come le persone con disabilità e le persone anziane, sono particolarmente a rischio e hanno difficoltà ad accedere ai servizi di base e all’assistenza umanitaria.
Il governo del Bangladesh, che non è riuscito a negoziare il ritorno sicuro dei rifugiati in Myanmar, nel tentativo di risolvere le condizioni di sovraffollamento nei campi, ha annunciato un piano per trasferire 100.000 rifugiati in un’isola nel Golfo del Bengala chiamata Bhasan Char. Il governo ha assunto appaltatori esterni per costruire argini intorno all’isola, ma vi sono serie preoccupazioni sul rischio di alluvioni e maremoti, in particolare durante la stagione dei monsoni e dei cicloni, nonché per la mancanza di mezzi di sostentamento e libertà di movimento per i rifugiati che verrebbero trasferiti nell’isola.
Cambiamenti climatici
La maggior parte della popolazione abita nell’area costiera meridionale del paese, dove i grandi fiumi della regione (Gange, Brahmaputra e Meghna) confluiscono creando un vasto sistema di pianure alluvionali e delta, dove sorgono le città principali. Questo ecosistema è altamente imprevedibile, con frequenti inondazioni che spesso comportano anche cambi di corso dei fiumi, tanto da obbligare molti abitanti a spostarsi per periodi di tempo più o meno lunghi. Molti non riescono a fare ritorno e rimangono nei luoghi di arrivo, soprattutto in India. Il riscaldamento globale sta aggravando questa situazione: i ghiacci dell’Himalaya si sciolgono più rapidamente, rendendo più impetuosi e imprevedibili i bacini idrici. Sempre al mutamento del clima va poi imputata la maggior forza e frequenza delle tempeste che flagellano la costa e che causano continuamente la distruzione delle risorse di acqua dolce e delle terre fertili costiere, inquinate dai detriti o dall’acqua salata spostata dai cicloni.
Migrazioni dal Bangladesh
Il paese asiatico è uno dei paesi con il più alto tasso di emigrazione al mondo, a causa di molti e diversi fattori cronici che spaziano da povertà e disoccupazione fino alla violenza politica e ai cambiamenti climatici. Nell’epoca contemporanea gravi crisi di emigrazione sono state causate da eventi drammatici come la gestione coloniale o la guerra di secessione dal Pakistan degli anni ’70. Da allora comunque, nonostante la normalizzazione della situazione politica e sociale, migliaia di bengalesi hanno lasciato il loro paese verso Europa, Medio Oriente e il resto dell’Asia, in un’emorragia costante causata da fattori ormai cronicizzati e difficili da risolvere.
Ad aumentare questi flussi contribuisce il fatto che, consci della situazione, alcuni paesi che vivono una mancanza di manodopera offrano direttamente in Bangladesh dei contratti di lavoro temporaneo all’estero. Questo è soprattutto il caso dei paesi arabi del Golfo, nei quali tra il 1980 e il 2010 la presenza di lavoratori bangladesi è aumentata di 10 volte, toccando quota 2,5 milioni e arrivando a rappresentare oggi la destinazione del 52% di chi emigra dal paese asiatico. Dei 500.000 bangladesi che ritornano in patria ogni anno sono però in molti a provenire da quest’area, soprattutto per il mancato rinnovo dei contratti di lavoro (con conseguente scadenza dei visti) e per le dure condizioni di vita che sperimentano in questi luoghi, dove sono sottoposti ad un fortissimo sfruttamento del loro lavoro e un razzismo esplicito.
Altri paesi principali di destinazione sono Malesia, Stati Uniti e soprattutto Regno Unito, dove già a partire dagli anni ’60 arrivarono molti lavoratori grazie alle leggi del Commonwealth. La destinazione principale rimane comunque l’India, con la particolarità che però gran parte dell’emigrazione avviene illegalmente attraverso il confine chiuso ma scarsamente controllato con il Nordest. Molti bangladesi si sono anche recati in Libia per lavorare, attraverso agenzie chiamate dalal che si occupano di organizzare questo tipo di viaggi. In particolare prima della caduta di Muammar Gheddafi la Libia era un paese d’elezione per i bangladesi che volevano lavorare qualche anno all’estero per mettere da parte un po’ di soldi; erano impiegati soprattutto nelle imprese di costruzione, negli alberghi e nella ristorazione.
In Italia
Tra le comunità di cittadini stranieri residenti in Italia quella bangladesi è tra quelle che negli ultimi anni sono cresciute più rapidamente. In Italia vivono oggi regolarmente circa 120.000 cittadini bangladesi, una comunità radicata da tempo ma in rapidissima crescita negli ultimi anni, soprattutto perché grazie al loro lavoro in molti sono riusciti a formare delle famiglie, magari ricongiungendosi con i partner inizialmente rimasti nel paese d’origine.
Sono molti anche i cittadini del Bangladesh che negli ultimi anni hanno presentato domanda di asilo: 6.818 nel 2016 (7a nazionalità), 12.731 nel 2017 (2a nazionalità) e 5.026 nel 2018 (3a nazionalità). In molti casi l’esito in prima istanza è stato un diniego, ma con una buona percentuale di riconoscimento della protezione umanitaria: 24% nel 2016 (3% protezione internazionale), 31% nel 2017 (1% protezione internazionale), 25% nel 2018 (3% protezione internazionale). I bangladesi sono quindi una delle cittadinanze più colpite dal decreto sicurezza del 2018 che ha abrogato la protezione umanitaria.
Per approfondire:
Camilli Annalisa, “Perché aumentano i migranti bangladesi in Italia”, 2017, Internazionale
Del Franco Nicoletta, Negotiating Adolescence in Rural Bangladesh. A Journey through School, Love and Marriage, 2012, Zubaan Books
Della Puppa Francesco, Uomini in movimento. Il lavoro della maschilità fra Bangladesh e Italia, 2014, Rosenberg & Sellier
Human Rights Watch, Bangladesh, Events of 2018, (2019)
Savi Matteo, “Bangladesh: le cause e i numeri dell’emigrazione”, 2017, Lo Spiegone