MaroccoMarocco

Pil pro capite
3.007,24 USD (2017)

Aspettativa di vita
73,8 anni uomini, 80,1 donne (2016)

Paesi che si possono visitare senza bisogno di visto
62, è al 80° posto (2019)

Global Peace Index
90° su 163 stati (2019). Il paese meno pacifico (163°) è l’Afghanistan

Freedom Index
39/100; stato parzialmente libero

Indice di percezione della corruzione
43/100; al 73° posto su 180 paesi

Popolazione e governo

Il Marocco è una monarchia costituzionale: il sovrano è Mohammed VI e il capo del governo è Saâdeddine El Othmani (PJD). L’arabo è la lingua più parlata in Marocco, poiché anche i madre lingua berberi conoscono la lingua araba per il culto proprio dell’Islam. Il francese è la seconda lingua del paese ampiamente diffusa e parlata come lingua madre da quasi tutta la popolazione, è anche la lingua prevalente nell’amministrazione, nell’economia e nella didattica. Il Marocco diventa protettorato nel 1912, poi è tra i primi paesi del continente africano a diventare indipendente nel 1956, dopo diverse rivolte, guidato dal sultano Mohammed V.

Controllo delle migrazioni

Il Marocco è al contempo paese di origine e paese di transito di numerosi migranti diretti verso l’Europa. Oltre ai flussi di cittadini marocchini che storicamente sono migrati soprattutto verso la Francia e l’Italia, il Marocco è un paese strategico per la rotta del Mediterraneo occidentale, in particolare per il passaggio verso la Spagna. Non a caso nel 2018 la Conferenza sul Global Compact per la migrazione si è svolta a Marrakech. L’UE sta intensificando il sostegno al Marocco per far fronte alla migrazione irregolare in risposta all’aumento della pressione migratoria lungo la rotta del Mediterraneo occidentale. Il finanziamento supplementare adottato nel quadro del Fondo fiduciario di emergenza dell’Unione europea per l’Africa ha portato l’assistenza complessiva per il Marocco legata alla migrazione a 148 milioni di euro nel 2018. Questo al fine di intensificare la lotta contro il traffico di migranti e la tratta di esseri umani, anche attraverso una gestione integrata delle frontiere rafforzata.

Anche all’interno dello stesso Marocco le politiche verso i migranti sub-sahariani si sono inasprite. Si stanno diffondendo pericolosamente nei loro confronti gli arresti e le deportazioni arbitrarie. «Arrestano i neri», sintetizza un uomo proveniente dalla Guinea Conakry, intervistato dal Gadem. Sono le prassi di racial profiling compiute dalla polizia. Raggiunte per strada, nei negozi, addirittura prelevate dalle proprie case, le persone vengono portate in commissariato e sottoposte ai rilievi fotodattiloscopici. La polizia arresta anche minori, richiedenti asilo e persino persone già in possesso di permesso di soggiorno. Senza alcuna informazione le persone vengono poi condotte, ammanettate, su autobus diretti verso Tiznit, Beni Mellal, Agadir, Casablanca, Errachidia e perfino Dakhla, a 1950 km da Tangeri, in un viaggio forzoso condotto in condizioni precarie, senza cibo né soste, che termina lontano dai centri abitati. Non mancano violenze e furti commessi dalle forze dell’ordine.

Nel 2018 la rotta del Mediterraneo occidentale è diventata la più battuta, a seguito della chiusura delle rotte centrale e balcanica. È stata attraversata da 57 034 migranti rispetto ai circa 23.000 dell’anno precedente.

Ceuta e Melilla

Affacciate sul Mediterraneo, a sud-est dallo Stretto di Gibilterra ‒ ponte tra due continenti ed ex ‘fine del mondo’ ‒ sorgono le enclave spagnole di Ceuta e Melilla, veri e propri residui coloniali d’Occidente tuttora rivendicati dal Marocco che li circonda. Giorno dopo giorno, uomini, donne e bambini provenienti dai più svariati Paesi africani ed asiatici danneggiati da guerre, povertà e persecuzioni d’ogni tipo ‒ disperati a tal punto da lasciare famiglie, case e luoghi d’origine, arrivano ad affidarsi a bande di malviventi ‒ attraversano interi Stati per poi provare a varcare la soglia sbarrata di Ceuta o Melilla, in alternativa al viaggio per mare.

A dividere le due enclave dal territorio marocchino, sorge uno dei più estesi e duraturi muri anti immigrazione. Progettata e costruita dalla Spagna alla fine degli anni ’90, la divisione è costituita da barriere coronate da filo spinato. Per il progetto, 30 milioni di euro sono stati stanziati dalla Comunità Europea. Sono state erette due barriere parallele di 3 metri di altezza, con posti di vigilanza alternati e camminamenti per il passaggio di veicoli adibiti alla sicurezza. Cavi posti sul terreno connettono una rete di sensori elettronici acustici e visivi. La barriera è dotata di un’illuminazione ad alta intensità, di un sistema di videocamere di vigilanza a circuito chiuso e strumenti per la visione notturna. Una successiva opera di innalzamento della barriera l’ha portata a 6 metri di altezza, con il consenso dell’agenzia europea Frontex. Nel settembre 2005, si registrò un tentativo massiccio di migrazione verso l’Europa, che causò la morte di molti immigrati sotto i colpi di arma da fuoco della polizia marocchina. Da allora, si sono ripetuti tentativi più o meno riusciti di scavalcamento in gruppo con ripetuti episodi anche mortali di violenza da parte degli immigrati e contro di essi. Il Marocco si è opposto alla costruzione della barriera, visto che considera Ceuta parte del proprio territorio occupato, motivo per il quale, dal 1975 ha richiesto la sua annessione.

In Italia

I primi marocchini, venuti in Italia negli anni ’70, insediatisi prima nelle regioni meridionali e poi spostatisi verso il Nord, sono stati quelli senza qualifica e senza lavoro, spinti dalla disperazione. Si è trattato di venditori ambulanti (di tappeti e altri prodotti artigianali), lavavetri, braccianti e piccoli agricoltori, spesso anche di una certa età, costretti all’esodo dai problemi creati dalla siccità nelle loro terre e dai numerosi debiti contratti: una volta venuti in Italia, ne hanno richiamati altri secondo la dinamica ben nota delle catene migratorie. Sono stati quasi sempre maschi soli, o perché ancora non sposati o, se sposati, con le famiglie rimaste in patria. A questo proposito, non può non colpire il soprannome che tutt’oggi viene dato a qualunque venditore ambulante per strada che sia esso senegalese, bengalese o altro, per l’immaginario italiano costui è “il marocchino”, a testimonianza di quella che era effettivamente la prima occupazione dei marocchini.

La significativa anzianità migratoria della comunità è rappresentata dalla elevata quota di permessi di lungo periodo: 70,3% (+1,4% rispetto al 2017) e dalla prevalenza tra i permessi a scadenza di titoli legati al ricongiungimento familiare, principale motivazione di soggiorno con il 64,2%. È legato a motivi di lavoro il 33,2% dei titoli di soggiorno. La comunità risulta terza per ingressi per lavoro stagionale, pari al 13,5% del totale (-9,2%). Prima meta di destinazione dei cittadini marocchini sono le Regioni settentrionali, con il 68,6% delle presenze, distribuite, in particolare, in Lombardia, Emilia-Romagna, Piemonte e Veneto. Significativo l’insediamento nel Sud Italia, pari 16,3%.

La comunità marocchina si conferma al primo posto per numero di presenze, con 443.147 titolari di un permesso di soggiorno valido, pari all’11,9% del totale dei cittadini non comunitari in Italia. Sostanziale equilibrio fra i generi, con una leggera prevalenza della componente maschile, pari al 54,2%. Il 40,6% dei cittadini di origine marocchina ha meno di 30 anni. In aumento significativo (+43,9%) il numero di laureati marocchini negli ultimi cinque anni.

La comunità è prima per numero di titolari di imprese individuali 68.259 pari al 18,2% del totale. Gli imprenditori marocchini si concentrano per il 72,4% nel settore del Commercio e dei Trasporti. Rilevante la quota di imprenditori marocchini presenti in Campania (11%). Il 47% circa dei lavori subordinati e parasubordinati iniziati durante il 2017 da lavoratori marocchini ricade nel settore dei Servizi. L’Agricoltura, con il 36,8%, rappresenta il secondo settore per numero di attivazioni. Un significativo discrimine tra la comunità e il complesso dei non comunitari è dato dallo scarso coinvolgimento della componente femminile marocchina nel mercato del lavoro. All’interno della comunità esistono, infatti, significative differenze tra il tasso di occupazione maschile (62,6%) e quello femminile (23,1%).

Negli ultimi anni diversi cittadini marocchini hanno chiesto protezione in Italia, in seguito a un ingresso irregolare. Nel 2016 sono stati 1.556 (16a nazionalità), nel 2017 1.852 (15a nazionalità) e nel 2018 1.734 (9a nazionalità). Tra di essi, in diversi hanno ottenuto la protezione umanitaria: 26% nel 2016, 16% nel 2017 e 20% nel 2018 (trend che non potrà essere confermato nel 2019 a causa dell’abrogazione di questa forma di protezione a seguito del decreto sicurezza). Alcuni hanno anche ottenuto la protezione internazionale: il 5% in tutti e tre gli anni considerati.

Per approfondire:

Balduzzi Alessandro, “Il patto ispano-marocchino sulle migrazioni”, 2019, Limes

Bongiorni Roberto, “Migranti, perché la rotta Marocco-Spagna è ora quella più percorsa per arrivare in Europa”, 2018, Il Sole 24 Ore

Chiodo Serena, De Blasio Lorenzo,”I diritti dei migranti subsahariani schiacciati tra Marocco e Ue”, 2018, Il Manifesto

Ministero del lavoro e delle politiche sociali, La comunità marocchina in Italia. Rapporto annuale sulla presenza dei migranti 2018

Abou Bakar Sidibé, Estephan Wagner, Moritz Siebert, Documentario, Les sauteurs (su Ceuta e Melilla)