GambiaGambia

Pil pro capite
483,02 USD (2017)

Aspettativa di vita
61,8 anni uomini, 66,5 donne (2016)

Paesi che si possono visitare senza bisogno di visto
69 (74° posto nel mondo nel 2019)

Indice di percezione della corruzione 2018
53 su 180

Indice mondiale sulla libertà di stampa
43 su 180 paesi

Fragile States index
47 su 178 (2019) nella lista degli Stati che si caratterizzano “fragili” sulla base di indicatori della pressione demografica e della convivenza intercomunitaria, presenza di sfollati interni, corruzione, disuguaglianza economica, delegittimazione dello stato, sospensione e arbitraria applicazione della legge, ingerenze esterne sulla politica di governo, deterioramento dei servizi pubblici, abusi contro i civili da parte dell’esercito e delle forze di sicurezza.

Popolazione

Il Gambia è lo stato più piccolo dell’Africa continentale, si sviluppa longitudinalmente lungo il corso del fiume omonimo, completamente circondato dallo stato del Senegal.

A fronte delle dimensioni ridotte, il Gambia è uno degli Stati africani con maggiore densità di popolazione. Secondo l’ultimo censimento svolto nel 2013, la popolazione ammonta a 1.857.181, mentre stime più recenti (giugno 2017) registrano una popolazione di 2.051.363 di cui il 60% è composto da giovani di età inferiore ai 25 anni e il 40% da minori di 14 anni. Il 57% della popolazione vive nei centri urbani e nelle periferie.

A fronte di una popolazione generalmente giovane, il Gambia regista un tasso di disoccupazione molto alto: circa il 44% dei giovani in fascia 15-24. 

Il Tasso di immigrazione è negativo: -1.9 immigrati su 1000 abitanti (OIM, 2018). Secondo stime OIM il numero di emigrati nel 2018 ammonta a 90.000 persone. Il peso delle rimesse sul PIL nazionale raggiunge il 20% (OIM, 2018).

Indipendente dal 1965, il Gambia è una repubblica attualmente governata dal Presidente Adama Barrow (United Democratic Party) eletto nel 2016 e succeduto a Yayha Jammeh (The Alliance for Patriotic Reorientation and Construction) in carica dal 1996, responsabile di numerose violazioni dei diritti umani.

Diritti umani e discriminazioni

La pena di morte è ammessa e prevista dal sistema giudiziario gambiano nei casi di omicidio, atti violenti con la conseguenza della morte della vittima e reati di terrorismo. Per un breve periodo, la pena di morte è stata applicabile anche nei confronti di individui trovati in possesso di un quantitativo maggiore di 250 grammi di cocaina o eroina. La pena di morte per possesso di droga, abolita nel 2011, non fu mai applicata. Ad oggi la pena di morte resta in vigore, nonostante l’attuale governo Barrow abbia espresso l’intenzione di avviare un processo di abolizione della pena capitale.

In Gambia l’omosessualità è considerata un reato punibile dal 1934. Le relazioni omosessuali consensuali sono considerate “contro natura” e punibili con la detenzione fino a quattordici anni. Una recente revisione dell’ordinamento penale (2005) ha esplicitato che anche i cosiddetti “atti indecenti” tra persone di sesso femminile sono crimini punibili alla stregua di quelli intercorsi tra individui di sesso maschile. Un successivo emendamento (2013) ha introdotto la pena di cinque anni di detenzione per gli individui maschi che si vestono da donna o si prostituiscono. Infine, la legislazione si è ulteriormente irrigidita nel 2014 con l’introduzione del reato di “omosessualità aggravata” punibile con l’ergastolo. Il Gambia è ad oggi l’unico stato Africano provvisto di una legge sull’ “omosessualità aggravata”.

Il rapporto Freedom in the World (Freedom House, 2019) che valuta il livello di libertà individuali, civili e politiche di cui godono effettivamente i cittadini di uno stato, attribuisce al Gambia un punteggio di 45/100. Il rapporto evidenzia come nonostante i diritti politici e le opportunità di rappresentanza politica si siano generalmente estesi tra la popolazione, le donne restano fortemente sottorappresentate. La corruzione resta un problema strutturale nel paese, poiché il governo non ha preso sufficienti misure di contrasto. Le libertà civili sono tuttora limitate: sussistono censura e repressione verso i mezzi di informazione e i giornalisti indipendenti, discriminazione religiosa rivolta ai musulmani non sunniti, forte controllo e limitazioni della libertà di assemblea.

Migrazioni forzate

Il Gambia ha una lunga storia di migrazioni legate al commercio e un discreto grado di permeabilità dei confini nazionali. Come in molti altri stati africani, le frontiere nazionali sono frequentemente attraversate non solo per fini commerciali ma, anche in conseguenza dei legami famigliari, dal momento che la popolazione appartenente allo stesso gruppo etnico spesso risiede dentro e fuori i confini dello stato. Sin dagli anni ’80 del 900, la migrazione interna verso i centri urbani e la migrazione internazionale diretta verso l’Europa e gli Stati Uniti, hanno rappresentato una vera e propria strategia di sopravvivenza per una popolazione così giovane e affetta da così alto tasso di disoccupazione. Inoltre, il colpo di Stato militare di Yahya Jammeh (1994) ha dato l’avvio ad un flusso stabile e in ascesa di richiedenti asilo in fuga dalla dittatura. Di conseguenza, vista la progressiva restrizione dei canali di ingresso regolari verso l’Europa e lo spazio Schengen, si sono sviluppati nuovi canali migratori, anche illegali. Tra le principali mete di immigrazione Gambiana troviamo la Spagna, gli Stati Uniti, la Nigeria, il Senegal, Il Regno Unito, la Germania e, per i migranti forzati provenienti dalla Libia, l’Italia. In anni recenti, il canale della migrazione irregolare verso l’Europa attraverso la rotta Senegal-Mali-Burkina Faso-Niger-Libia, si è ulteriormente consolidato. Recenti dati UNHCR attestano la presenza di circa 17.251 rifugiati di nazionalità gambiana e circa 14.035 richieste di asilo pendenti. Ciò nonostante il tasso globale di riconoscimento di protezione internazionale per i cittadini gambiani si attesta solo al 4% (EASO).  I gambiani sono stati la terza nazionalità di arrivo più numerosa nel 2016 e nel 2017. Attualmente i cittadini gambiani non rientrano tra le principali nazionalità di origine dei richiedenti asilo presenti in Italia (Ministero dell’Interno, 2019).

La maggioranza dei migranti forzati provenienti dal Gambia è costituita da giovani uomini, in fuga da un contesto socio-politico oppressivo, spesso investiti di un chiaro mandato familiare di miglioramento delle condizioni socio-economiche della famiglia attraverso l’invio di rimesse. In questo contesto i giovani disoccupati, i minori, i soggetti più vulnerabili come gli orfani, i bambini di strada e le vittime di violenza domestica rappresentano un facile target per le reti del traffico di esseri umani e della tratta. Esemplificativo il racconto del giovane L. cittadino gambiano giunto in Italia da minorenne:

«Dopo la morte dei miei genitori lo zio mi picchiava ogni giorno e mi costringeva ai lavori forzati in casa e nei campi. Una volta, perché mi ero rifiutato di svolgere un compito, lo zio mi colpì alla testa con una pietra. Quel giorno ho capito che di questo passo ci avrei rimesso la vita, così ho deciso che dovevo andarmene da casa. Molti giovani e miei coetanei in quel momento stavano partendo per la Libia per cercare lavoro e guadagnare. Ho pensato di fare la stessa strada, ma non avevo idea di cosa mi aspettasse in Libia: la guerra, il lavoro forzato, il carcere».

Anche M., giovane cittadino gambiano, racconta il viaggio che ha svolto da minorenne lungo la rotta del Mediterraneo centrale, mettendo in luce i meccanismi di reclutamento della rete del traffico di esseri umani:

«Avevo un amico in Libia originario del villaggio di mia madre. Era più grande di me e ogni tanto tornava dalla Libia e si fermava nel villaggio, così mi sono messo in contatto con lui perché mi aiutasse a partire. Sono uscito dal Gambia a settembre 2015, al tempo avevo sedici anni. Viaggiando in autobus e a piedi ho raggiunto Dakar dove vivevo a casa del mio datore di lavoro, un agricoltore. Ho lavorato per lui per circa sei mesi poi, finita la stagione agricola, il datore di lavoro si è dedicato ai suoi commerci ed io ho deciso di proseguire verso il Niger. A Dakar avevo infatti incontrato delle persone di etnia peul, il mio stesso gruppo etnico, che mi hanno consigliato di recarmi in Niger dove la comunità peul era più numerosa e avrei potuto trovare supporto. Mi hanno messo in contatto con un tassista, al quale ho pagato il mio viaggio per il Niger. Circa 40.000 FCFA, erano tutti i miei risparmi. Così sono giunto ad Agadez dove sono rimasto solo e ho avuto paura: alla stazione dei bus non c’era nessuno ad attendermi, non riuscivo a trovare persone di etnia peul, non sapevo dove andare né come muovermi, non avevo soldi. Lì sono stato “preso” da un uomo, un trafficante che mi ha venduto ai libici. Non ricordo il suo nome, ma parlava molte lingue e conosceva gli autisti della zona. Quest’uomo mi ha avvicinato, mi ha chiesto cosa facessi lì e perché sembrassi così preoccupato. Gli ho spiegato che venivo dal Gambia e non sapevo dove andare. Lui mi disse che aveva una macchina e che poteva riportarmi indietro fino al Senegal. Così mi fidai e lo seguii a casa sua. Così mi ha sequestrato, mi teneva chiuso in casa, mi nutriva ma non ero libero di uscire. Dopo qualche giorno mi ha condotto in un luogo isolato dove è arrivato un pick-up con a bordo altri passeggeri. Mi disse che stavo tornando in Senegal invece abbiamo viaggiato per una settimana e attraversato il deserto. Sono arrivato in Libia, a Sabha ad aprile 2016 e sono stato immediatamente portato in prigione, dove i trafficanti volevano che chiamassi i miei famigliari per il riscatto. Siamo stati torturati e costretti ai lavori forzati finché un giorno sono riuscito a fuggire e ho trovato un trafficante disposto a portarmi in Italia».

Per approfondire

Melting Pot, Il Gambia e l’immigrazione: la fuga da dittatura e povertà

Giacomo Zandonini, 2016,  In Niger i migranti si preparano alla grande traversata, Internazionale

Bringing Down Jammeh – Full documentary – BBC Africa Eye

Giacomo Zandonini- Wallah je te jure (2016)