carne
La carne è un alimento che ha subito un significativo cambiamento nei consumi dell’ultimo secolo in Europa. In Italia, ad esempio, da paese cresciuto a pane, legumi e vegetali dove la carne, alimento nobile, faceva la sua comparsa sporadicamente (nel primo decennio del secolo se ne mangiavano 15 chili pro capite all’anno contro gli oltre 200 chili di pasta e pane) si è arrivati ai figli del boom economico cresciuti a proteine (la carne da un decennio all’altro, negli anni 60/ 80, aumenta di ben 20 chili pro capite).
Sicuramente, oggi, nei cosiddetti paesi ricchi il consumo di carne è smodatamente eccessivo sia per le conseguenze sulla salute delle persone (si vedano le raccomandazioni dell’OMS) sia per gli effetti sul riscaldamento climatico del Pianeta. Si pensi, infatti, che il settore degli allevamenti contribuisce da solo al 18% delle emissioni di gas “climalteranti” di origine antropica e, insieme a quello degli agro-carburanti, alimenta un modello di sviluppo energivoro senza dare in cambio benefici in termini di riduzione di CO2.
La Fao conferma inoltre che la produzione di carne da sola genera più emissioni di gas serra di tutti i trasporti del mondo messi insieme.
Occorre però fare una netta distinzione tra l’allevamento intensivo di bestiame e l’allevamento non intensivo, che rappresenta una componente essenziale della maggior parte dei sistemi agricoli sostenibili e distribuiti nelle aree del Sud del mondo. Un recente rapporto della ong Grain 1
sottolinea come ridurre il consumo di carne e latticini sia da considerarsi un imperativo, specialmente negli Stati Uniti, in Europa e in altri paesi ricchi. Considerare i piccoli agricoltori e allevatori alla stessa stregua della grande produzione industriale, però, è fuorviante: «Nella maggior parte del Sud del mondo», si legge nel rapporto Grain, «il bestiame è allevato da 630 milioni di piccoli agricoltori che praticano l’agricoltura mista a bassa emissione, oltre a 200 milioni di pastori che pascolano spesso i loro animali in aree in cui le colture non possono essere coltivate». 2
Inoltre, nei cosiddetti paesi emergenti o poveri, con le dovute differenze, spesso la carne rappresenta un elemento non ricorrente e quindi importante dal punto di vista nutrizionale nella dieta settimanale e un segno dell’emancipazione (si pensi alle esperienze dei pollai gestiti dai bambini o dalle donne come forme di auto-sufficienza alimentare e di micro-imprenditoria), oltre che un marcatore di status sociale o di mantenimento di forme rituali importanti.
Rispetto alle relazioni fra l’eccessivo consumo di carne e il dilagare della fame nel mondo attingiamo agli studi di Gianni Tamino, 3 biologo esperto di tali tematiche: “Per capire come mai manca cibo a una parte dell’umanità è necessario proprio considerare cosa comporta la diffusione di una dieta ricca di carne e di prodotti animali in genere. A parità di territorio utilizzato, le rese produttive dei legumi e dei cereali sono nettamente maggiori di quelle del bestiame. Ma molti dei vegetali che oggi produciamo, sono utilizzati, nei paesi più ricchi, per produrre mangimi per gli animali.”
A tal proposito possono essere utili alcuni dati: oggi in Italia (sulla base dei dati ISTAT) consumiamo un decimo del mais che consumavamo negli anni ’50, eppure ne produciamo almeno 4 volte di più e una parte anche la importiamo; inoltre importiamo enormi quantità di soia che in minima parte consumiamo direttamente. Soia e mais, cioè un legume e un cereale, ottimi per l’alimentazione umana, vengono trasformati in mangimi per gli allevamenti di animali. Ma ogni volta che soia e mais si trasformano in cibo per animali e l’animale diventa cibo per l’uomo, laddove con la carne così ottenuta mangia una sola persona, con quei legumi e con quei cereali se ne poteva alimentare, in modo equilibrato, da otto a dieci.
Negli Stati Uniti, ad esempio, si utilizzano ogni anno 157 milioni di tonnellate di cereali, legumi e ortaggi per produrre 28 milioni di tonnellate di proteine animali, per l’alimentazione dei cittadini americani. Dai calcoli effettuati da alcuni esperti emerge che se i terreni coltivabili della terra venissero usati soprattutto per produrre cibo vegetariano, ci sarebbe cibo per quasi 20 miliardi di abitanti.
Oggi i paesi ricchi consumano il doppio o il triplo delle proteine necessarie e in tal modo l’uomo, che biologicamente è un onnivoro prevalentemente vegetariano (cioè si trova a livello dei consumatori primari), negli ultimi decenni è diventato prevalentemente carnivoro (salendo al livello dei consumatori secondari).
Il consumo di carne nelle popolazioni dei paesi più ricchi, un ottavo circa della popolazione mondiale, è arrivato a oltre 100 kg di carne pro capite all’anno, mentre una quota circa uguale di popolazione, nel sud del mondo, ogni anno o muore di fame o soffre di grave denutrizione.
Se tutta l’umanità volesse consumare la stessa quantità di carne pro capite degli Stati Uniti o dell’Europa, occorrerebbe avere a disposizione una superficie almeno doppia o tripla di quella del pianeta Terra, da adibire tutta o a pascolo o a coltivazioni di cereali. Risulta dunque evidente la necessità di ridurre i consumi di alimenti di origine animale per tentare di garantire sia cibo per tutti che un futuro al nostro Pianeta. Scelta che andrà anche a vantaggio della salute dei cittadini dei paesi ricchi.
Occorre considerare anche che il prezzo della carne in generale è aumentato pochissimo negli ultimi 30 anni, in quanto non si tiene conto dei costi legati al consumo delle risorse. Vandana Shiva, a tal proposito, 4 dichiara: “Negli ultimi trent’anni ho visto salire i prezzi alimentari di almeno dieci volte in India. Le persone che una volta consumavano due pasti al giorno, oggi ne consumano uno e coloro che se ne potevano permettere uno, oggi ne consumano mezzo. Ma mentre i prezzi alimentari sono cresciuti, ed è aumentato il prezzo del grano, ciò non ha portato ad un aumento dei prezzi della carne. Chiaramente qualcosa deve giustificare la mancanza di aumento dei prezzi della carne e la spiegazione è che il denaro pubblico viene speso per sovvenzionare l’industria della carne. Questo è il motivo per cui, in merito alla soia prodotta in Brasile, gli agricoltori hanno intentato causa alla Monsanto per i 2,22 miliardi di dollari di diritti di proprietà intellettuale che l’azienda ha ricevuto. È una soia molto costosa! E arriva così a buon mercato in Europa che è più conveniente torturare i vostri animali con soia importata e OGM, che permettere loro di pascolare sul campo accanto. Questa non è la strada verso il futuro. Abbiamo necessità di avere il vero costo ponderato, se avessimo il vero costo della carne prodotta industrialmente, quantificato e messo su di un’etichetta, nessuno si potrebbe permettere di mangiare tale prodotto e ci sarebbe meno violenza nei confronti degli animali ed una dieta migliore per gli esseri umani.”
E, rispetto ai cambiamenti e alle sfide che in tale direzione ci aspettano, aggiunge: “Io vengo dall’India, luogo in cui la vacca è sacra. La vacca sacra non è mai stato un problema per la Terra, anzi, è stato un sostegno per questo pianeta. Grandi popolazioni di mucche e bovini gestiti ecologicamente vanno bene ma, come dice Jeremy Rifkin, nel sistema di allevamento industriale abbiamo trasformato gli animali in un problema planetario, non perché quello fosse il loro ruolo. Ci sarà sicuramente bisogno di un cambiamento nella maniera in cui viviamo e nel nostro modo di pensare ed una di queste importanti trasformazioni dovrà riguardare il nostro rapporto con gli animali, così come la nostra idea di ciò che è bene mangiare e di cosa significhi una dieta sana ed equilibrata. Ciò implicherà una relazione più compassionevole con gli animali vegetale, così che gli animali non siano torturati e gli esseri umani abbiano una dieta più bilanciata.”
Riferimenti
Michael Pollan, 2011, Il dilemma dell’onnivoro. Cosa si nasconde dietro quello che mangiamo, ed. Adelphi
Vandana Shiva, 2015, Chi nutrirà il mondo? Manifesto per il cibo del terzo millennio, ed. Feltrinelli
Vandana Shiva, Bhushan Patwardhan, Mira Shiva, 2018, Il cibo è salute, ed. Feltrinelli
1 www.grain.org, Grabbing the bull by the horns it’s time to cut industrial meat and dairy to save the climate, [pdf]
2 Eat-Lancet, La dieta planetaria che non salva il Pianeta, articolo di Manlio Masucci pubblicato su Terra nuova, marzo 2019
3 Intervista a Gianni Tamino sugli effetti a largo spettro del consumo eccessivo di carne: “Le ragioni di una scelta”
4 Intervista di Valentina Chiarappa a Vandana Shiva, pubblicata su Lux Terrae n.17 marzo-maggio 2014