WAED

27 anni, Siria

Sono nata a Damasco in una famiglia benestante.
Mentre frequentavo la scuola media, a 15 anni, mi volli sposare con Alaa.
Lasciai la mia famiglia per andare a vivere con la sua.

Eravamo vicini di casa e mia madre veniva ogni giorno a darmi una mano con Mohammad, nato un anno dopo. Mi ha insegnato ad essere una brava madre e donna di casa.
Due anni dopo è arrivata Hanin. Vivevamo bene, eravamo felici.

Arrivò la guerra e sotto i bombardamenti morirono in tanti tra amici e vicini di casa.
I miei genitori fuggirono in Libano, e raggiunsero in seguito l’Irlanda.

Mio marito andò in Libia in avanscoperta per vedere se era possibile emigrare lì, io rimasi a Damasco con i bambini.
Alaa ci disse di raggiugerlo. Abbiamo viaggiato dall’Egitto alla Libia nel deserto, con una macchina di trafficanti, passando per Tobruk.

In Libia vivevamo abbastanza bene fino a quando, come destino che ci seguiva da una parte all’altra del mondo, non arrivò Daesh (Isis).
Venimmo bloccati in casa dagli uomini di Daesh, senza scorte di cibo e senza poter uscire dal nostro quartiere, per quasi un mese.
Si sentivano sparatorie e bombardamenti da tutte le parti.
Fuggimmo non appena potemmo metter piede fuori casa.

Eravamo su una piccola barca, io ero incinta del terzo figlio e soffrivo tantissimo.
Dalla barca in avaria fummo salvati dalla Guardia Costiera, che ci sbarcò in Sicilia e poi fummo mandati a Crotone.

Avevo nostalgia dei miei genitori che non vedevo da quattro anni e provammo a raggiungerli in Irlanda.
In Germania la polizia ci bloccò. Andammo in Austria dove nacque Karam, poi ci rimandarono in Italia, a Riace.
Dopo la chiusura del progetto di accoglienza di Riace, fummo destinati a Scurano.

Sono molto contenta di essere qui perché ho trovato delle persone molto cordiali e ospitali.

In tutto questo, sono riuscita a imparare un po’ di tedesco, parlavo già un po’ di inglese e qui il mio italiano, e quello dei miei figli, migliora costantemente.

Domanda d’asilo

Si definisce così una persona che ha richiesto di essere riconosciuto come rifugiato (o altra forma di protezione) e che è in attesa del responso.

I richiedenti asilo solitamente entrano nel territorio in modo irregolare, ma dal momento in cui presentano la richiesta sono regolarmente soggiornanti, e quindi non possono essere definiti clandestini. Anche i figli minori di richiedenti asilo seguono il destino – e il permesso di soggiorno – dei genitori.

Il permesso di soggiorno per domanda di protezione ha durata variabile, in funzione dei tempi della Commissione competente. Dopo due mesi di permesso, il richiedente asilo può lavorare. Fin dalla manifestazione della volontà di chiedere protezione il richiedente ha diritto a essere accolto secondo precisi standard stabiliti a livello europeo.

Fino al decreto sicurezza di ottobre 2018 tutti i richiedenti avevano diritto a essere inseriti in un progetto del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar), benché tale sistema non abbia mai avuto la capienza necessaria per soddisfare la domanda complessiva di posti.

Attualmente possono essere ospitati solo nei Centri di accoglienza straordinaria (Cas) con servizi ridotti ai minimi termini.