Sono nata a Damasco in una famiglia benestante.
Mentre frequentavo la scuola media, a 15 anni, mi volli sposare con Alaa.
Lasciai la mia famiglia per andare a vivere con la sua.
Eravamo vicini di casa e mia madre veniva ogni giorno a darmi una mano con Mohammad, nato un anno dopo. Mi ha insegnato ad essere una brava madre e donna di casa.
Due anni dopo è arrivata Hanin. Vivevamo bene, eravamo felici.
Arrivò la guerra e sotto i bombardamenti morirono in tanti tra amici e vicini di casa.
I miei genitori fuggirono in Libano, e raggiunsero in seguito l’Irlanda.
Mio marito andò in Libia in avanscoperta per vedere se era possibile emigrare lì, io rimasi a Damasco con i bambini.
Alaa ci disse di raggiugerlo. Abbiamo viaggiato dall’Egitto alla Libia nel deserto, con una macchina di trafficanti, passando per Tobruk.
In Libia vivevamo abbastanza bene fino a quando, come destino che ci seguiva da una parte all’altra del mondo, non arrivò Daesh (Isis).
Venimmo bloccati in casa dagli uomini di Daesh, senza scorte di cibo e senza poter uscire dal nostro quartiere, per quasi un mese.
Si sentivano sparatorie e bombardamenti da tutte le parti.
Fuggimmo non appena potemmo metter piede fuori casa.
Eravamo su una piccola barca, io ero incinta del terzo figlio e soffrivo tantissimo.
Dalla barca in avaria fummo salvati dalla Guardia Costiera, che ci sbarcò in Sicilia e poi fummo mandati a Crotone.
Avevo nostalgia dei miei genitori che non vedevo da quattro anni e provammo a raggiungerli in Irlanda.
In Germania la polizia ci bloccò. Andammo in Austria dove nacque Karam, poi ci rimandarono in Italia, a Riace.
Dopo la chiusura del progetto di accoglienza di Riace, fummo destinati a Scurano.
Sono molto contenta di essere qui perché ho trovato delle persone molto cordiali e ospitali.
In tutto questo, sono riuscita a imparare un po’ di tedesco, parlavo già un po’ di inglese e qui il mio italiano, e quello dei miei figli, migliora costantemente.