La mia lingua madre è il pashtu, la mia seconda lingua è il dari, cioè il farsi orientale; parlo anche urdu e punjabi, tedesco e un po’ di italiano.
Sono in Italia da due anni.
Al momento vado a scuola, e passo il resto del tempo a casa e fuori.
Ho lasciato l’Afghanistan nel 2011 e sono stato prima in Iran, poi sono entrato in Turchia dove ho passato un mese in prigione. Sono andato in Grecia, da lì in Germania dove sono rimasto due anni e poi sono arrivato in Italia.
Sono cresciuto in un piccolo villaggio, Zadran, nella provincia di Paktia. Si trova sopra alte montagne, è molto pericoloso, le persone vengono uccise. Ci sono due parti contrapposte che si fanno la guerra, i talebani e gli americani. Se andiamo con i talebani ci uccidono gli americani e viceversa.
Qui in Italia mi sento al sicuro, ma penso sempre alla mia famiglia che è rimasta in Afghanistan: mia madre, le mie due sorelle e mio fratello. Mio padre è stato ucciso.
Il mio sogno è che la mia famiglia possa vivere in sicurezza.
Da dove vengo nessuno ha un sogno, nessuno ha una speranza per il futuro, non ci sono scuole, lavoriamo per sopravvivere, viviamo alla giornata. Vorrei portare la mia famiglia al sicuro in Italia.
In Italia ho visto tante cose nuove, le donne indossano pantaloni e magliette e guidano l’automobile: da noi no. Le donne italiane vanno a scuola: da noi no. La nostra tradizione impone alle donne di rimanere a casa dopo aver compiuto i dieci anni, e quindi non possono andare a scuola. Rispetto alle vostre abitudini non ho niente da ridire, valgono per voi, come le nostre valgono per noi.