ROBERTO

90 anni, Italia

Ho lavorato come professore di fisica all’università, adesso sono pensionato.
Sono nato a Cremona e ho vissuto vent’anni a Pavia, sedici anni a Milano e il resto a Parma, a parte qualche anno passato all’estero per ragioni di studio.

Una parte della mia attività nella lunga vita è stata occuparmi di politica nel settore della sinistra; sono stato un po’ di anni nel comitato centrale del Partito Comunista Italiano, poi il Partito Comunista è sparito.

E’ facile indignarsi per i grossi problemi connessi all’immigrazione e per tutti i morti in mare;
di fronte a questo c’è quello che Kant chiamava l’imperativo categorico: qualcosa bisogna fare.

Mi aspettavo una situazione un po’ diversa: mi aspettavo che il mondo, e anche Parma e provincia, fossero pieni di gente che cercava asilo; invece, sostanzialmente non si trovava la persona che volesse venire, non perché non c’è, ma perché alcuni preferivano rimanere nella situazione precedente.

C’è stato un tentativo andato buco e poi finalmente questa proposta di Fanta e il bambino, che è andata in porto, mi sembra bene. E’ quello che desideravo: volevo che ci fosse possibilmente anche un bambino oltre a uno o due genitori.

Col bambino abbiamo un rapporto molto buono, giochiamo un po’ insieme, oppure io rivango le filastrocche o le cose che facevo coi miei bambini o le cose che facevano con me i miei zii e i miei nonni e quindi passiamo un po’ di tempo insieme.

Però c’è il mio tempo: quando devo studiare o leggere voglio che Ibrahim mi lasci tranquillo; qualche volta lo capisce, qualche volta no, in genere lo capisce, è molto collaborativo.

I miei figli sono d’accordo. Quando sono qui, soprattutto il nipote o la mia figlia che vive all’estero, sono molto bravi con Ibrahim e lui è contento di giocare con loro e andargli in braccio; non hanno fatto obiezioni.

So che l’organizzazione che presiede a questa faccenda prevede sei mesi, eventualmente prolungabili; per me, se tutto va normale fino che sono vivo e in salute, si può andare avanti oltre questi sei mesi.

Cittadinanza italiana

In Italia la cittadinanza segue principalmente il criterio dello ius sanguinis, pertanto è cittadino italiano chi discende da cittadini italiani.

Ciò fa sì che l’acquisizione della cittadinanza sia facile per i discendenti di italiani che risiedono all’estero e difficile per i cittadini di origine straniera residenti (ius domicilii) o addirittura nati in Italia (ius soli). Infatti oggi chi vive regolarmente in Italia può fare richiesta della cittadinanza solo dopo 10 anni di permanenza regolare e ininterrotta e può attendere anni la risposta.

Addirittura, i ragazzi di seconda generazione, nati in Italia da entrambi i genitori stranieri, possono diventare cittadini solo dopo il diciottesimo anno di età: ciò fa sì che oggi risiedano nel nostro paese più di un milione di minorenni privi della cittadinanza e dei diritti a essa connessi.

Più volte negli ultimi anni si è acceso il dibattito su una possibile riforma della legge sulla cittadinanza ma per lo più con tiepide o ostili reazioni a livello parlamentare, tanto che anche le più prudenti proposte in termini di ius culturae – ottenimento della cittadinanza basata sul compimento di un ciclo di studi e altri requisiti, tra i quali la nascita in Italia o l’ingresso nel paese entro i 18 anni d’età – si sono arenate.