MATTEO

31 anni, Italia

La mia lingua madre è l’italiano, parlo anche inglese, bene, rumeno, un po’ di spagnolo e un po’ di francese.
Rumeno perché ho fatto un anno di servizio civile internazionale in Romania.

Ho fatto relazioni internazionali a Bologna, tre anni e poi ho fatto un master all’estero di due anni, incentrato sul tema della migrazione e delle relazioni interculturali.
Ho fatto il primo anno in Germania e Norvegia e il secondo anno in Uganda.

Nei miei studi ho approfondito molto il tema delle relazioni interculturali dal punto di vista sociologico e antropologico e quindi mi sono naturalmente ritrovato a fare questo lavoro.

Inizialmente ho lavorato per pochi mesi a Modena nell’ambito dell’accoglienza Mare Nostrum, e dopo pochi mesi sono ritornato a casa a Parma dove ho cominciato a lavorare a Ciac per lo Sprar.

Nella mia vita ho avuto tante cose che mi hanno illuminato e fatto cambiare un po’ rotta;

quella più forte, forse perché la più recente, è stata un’esperienza che ho vissuto in Africa, dove ho vissuto per quasi sei mesi in un campo profughi nell’Uganda occidentale.
Questa esperienza mi ha fatto cambiare strada, nel senso che prima ero interessato a lavorare nel mondo delle organizzazioni internazionali e invece, avere questa esperienza così forte sul campo, mi ha reindirizzato verso casa.

Ho capito che non volevo costruire il mio curriculum sugli studi, ma, che volevo tornare a casa, per fare qualcosa di concreto in un territorio che conosco molto bene perché è la mia casa.

Fare questo lavoro è molto complesso se lo fai con passione, perché lavoriamo in un ambiente ostile.
Soprattutto negli ultimi anni c’è molta cattiveria, non lo definirei solo come semplice razzismo, ma proprio cattiveria, e c’è molta semplificazione, che mi fa molto arrabbiare.
Ogni settimana, se non ogni giorno, bisogna trovare nuovi stimoli e ricordarsi il motivo per cui si è voluto fare questo lavoro e fare questa scelta.

Cittadinanza italiana

In Italia la cittadinanza segue principalmente il criterio dello ius sanguinis, pertanto è cittadino italiano chi discende da cittadini italiani.

Ciò fa sì che l’acquisizione della cittadinanza sia facile per i discendenti di italiani che risiedono all’estero e difficile per i cittadini di origine straniera residenti (ius domicilii) o addirittura nati in Italia (ius soli). Infatti oggi chi vive regolarmente in Italia può fare richiesta della cittadinanza solo dopo 10 anni di permanenza regolare e ininterrotta e può attendere anni la risposta.

Addirittura, i ragazzi di seconda generazione, nati in Italia da entrambi i genitori stranieri, possono diventare cittadini solo dopo il diciottesimo anno di età: ciò fa sì che oggi risiedano nel nostro paese più di un milione di minorenni privi della cittadinanza e dei diritti a essa connessi.

Più volte negli ultimi anni si è acceso il dibattito su una possibile riforma della legge sulla cittadinanza ma per lo più con tiepide o ostili reazioni a livello parlamentare, tanto che anche le più prudenti proposte in termini di ius culturae – ottenimento della cittadinanza basata sul compimento di un ciclo di studi e altri requisiti, tra i quali la nascita in Italia o l’ingresso nel paese entro i 18 anni d’età – si sono arenate.