ISMAIL

19 anni, Guinea

Parlo Pulaar, provengo dalla regione Labé nel nord della Guinea.

Conosco poco il mio paese perché sono sempre stato dentro la madrasa, la scuola coranica.
Mia madre vive, mio padre è morto. Ho una sorellina.
Ho lasciato la mia casa a tredici anni.

Un ragazzo mi propose di lasciare anche il paese, perché tanto non c’era nessuna possibilità per la vita. Mi disse di partire insieme per l’Europa.
C’erano due possibilità: morire per strada o riuscire ad entrare.

Partimmo insieme ma in Libia ci perdemmo, perché ci avevano separati e chiusi in due prigioni diverse: non lasciano mai insieme gli amici o i nuclei familiari.

Sbarcai in Calabria e il giorno dopo con il bus arrivai Bologna dove sono rimasto sette mesi prima di giungere a Parma.

Qui in Italia ho trovato la vita: prima non vivevo, non avevo presente né futuro e non pensavo di arrivare vivo al 2019.

Se qualcuno vuole venirmi a trovare deve venire a Parma, adesso vivo a Parma.
Vorrei di più di quello che ho adesso.

Sto facendo il tirocinio come giardiniere alla cooperativa Cabiria di Parma.
Nel mio paese il “jardin“ è il frutteto e l’orto, dove si coltivano banane e altra frutta e verdura. Mia nonna materna aveva un “jardin”, un frutteto con arance manghi banane e ortaggi.
Qui a casa coltiviamo un orto, raccogliamo le verdure e le cuciniamo.

Protezione umanitaria

Questa era una forma di protezione nazionale, prevista dall’ordinamento italiano nel testo unico sull’immigrazione in conformità con art. 10 della Costituzione.

Veniva concessa (con una durata di due anni) nel caso in cui, pur in assenza di requisiti per accedere alla protezione internazionale, fossero comunque presenti seri motivi umanitari tali da rendere la persona meritevole di tutela.

Questa forma di protezione – che ha permesso ha più di 100.000 migranti di rimanere regolarmente sul territorio italiano – è stata abrogata con il decreto sicurezza a ottobre del 2018.

Fino al decreto sicurezza di ottobre 2018 tutti i titolari di protezione umanitaria avevano diritto a essere inseriti in un progetto del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar), benché tale sistema non abbia mai avuto la capienza necessaria per soddisfare la domanda complessiva di posti.