Parlo Pulaar, provengo dalla regione Labé nel nord della Guinea.
Conosco poco il mio paese perché sono sempre stato dentro la madrasa, la scuola coranica.
Mia madre vive, mio padre è morto. Ho una sorellina.
Ho lasciato la mia casa a tredici anni.
Un ragazzo mi propose di lasciare anche il paese, perché tanto non c’era nessuna possibilità per la vita. Mi disse di partire insieme per l’Europa.
C’erano due possibilità: morire per strada o riuscire ad entrare.
Partimmo insieme ma in Libia ci perdemmo, perché ci avevano separati e chiusi in due prigioni diverse: non lasciano mai insieme gli amici o i nuclei familiari.
Sbarcai in Calabria e il giorno dopo con il bus arrivai Bologna dove sono rimasto sette mesi prima di giungere a Parma.
Qui in Italia ho trovato la vita: prima non vivevo, non avevo presente né futuro e non pensavo di arrivare vivo al 2019.
Se qualcuno vuole venirmi a trovare deve venire a Parma, adesso vivo a Parma.
Vorrei di più di quello che ho adesso.
Sto facendo il tirocinio come giardiniere alla cooperativa Cabiria di Parma.
Nel mio paese il “jardin“ è il frutteto e l’orto, dove si coltivano banane e altra frutta e verdura. Mia nonna materna aveva un “jardin”, un frutteto con arance manghi banane e ortaggi.
Qui a casa coltiviamo un orto, raccogliamo le verdure e le cuciniamo.