CHARNELLE

34 anni, Camerun

La mia lingua madre è il beti, parlo francese e anche italiano.

Sono molto preoccupata per la commissione che deciderà per i miei documenti e per Salvini.
Ho paura di tante cose.

Sono nata a Douala, la più grande città del Camerun. È una città molto sporca, ci vivono tantissime persone. Solo la Piazza del Presidente è pulita.
La mia è una famiglia mista. Il papà mussulmano del nord e la mamma cristiana del centro, ho quattro sorelle più piccole.

A trent’anni sono andata via. Prima sono andata un po’ a scuola, ma se non fai parte di una famiglia che ha terre o soldi, non riesci a riscattarti. Se non hai niente non fai niente. Se non hai niente non esisti. Se non hai niente non vali niente.

Qui in Italia ho iniziato a lasciarmi andare. Piano piano ho iniziato ad andare. Mi hanno aiutata a liberarmi dei miei brutti pensieri. Ho fatto il corso di OSS (operatore sociosanitario) e ne sono molto orgogliosa.

In Italia sono sbarcata in Sicilia, poi mi hanno mandata a Bologna, a Parma e poi a Baganzola.
A Baganzola c’erano le mosche! Nella nostra testa, qui in Europa, non ci sono né mosche né zanzare, e neanche i campi coltivati, il mais. “Ma siete sicuri di non avermi riportato in Africa?” chiesi ad un operatore.

L’incontro più importante della mia vita è stato mio marito. È morto in mare durante il viaggio.

Amo molto gli altri, mi identifico in loro. Qui, a casa anche se sono ospite, faccio le cose come se fosse casa mia. Gli altri non sempre capiscono questa mia generosità.
Mio desiderio è quello di essere riconosciuta per quello che sono, non per quello che ho. Ho paura di ricominciare una storia con un uomo.

Vorrei far venire qui i miei tre bambini, di 10, 7 e 4 anni e poi avere i documenti.

Domanda d’asilo

Si definisce così una persona che ha richiesto di essere riconosciuto come rifugiato (o altra forma di protezione) e che è in attesa del responso.

I richiedenti asilo solitamente entrano nel territorio in modo irregolare, ma dal momento in cui presentano la richiesta sono regolarmente soggiornanti, e quindi non possono essere definiti clandestini. Anche i figli minori di richiedenti asilo seguono il destino – e il permesso di soggiorno – dei genitori.

Il permesso di soggiorno per domanda di protezione ha durata variabile, in funzione dei tempi della Commissione competente. Dopo due mesi di permesso, il richiedente asilo può lavorare. Fin dalla manifestazione della volontà di chiedere protezione il richiedente ha diritto a essere accolto secondo precisi standard stabiliti a livello europeo.

Fino al decreto sicurezza di ottobre 2018 tutti i richiedenti avevano diritto a essere inseriti in un progetto del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar), benché tale sistema non abbia mai avuto la capienza necessaria per soddisfare la domanda complessiva di posti.

Attualmente possono essere ospitati solo nei Centri di accoglienza straordinaria (Cas) con servizi ridotti ai minimi termini.