La mia lingua madre è il somalo, scrivo in arabo e un po’ lo parlo, conosco anche un po’ d’inglese.
In Somalia non sono potuto andare a scuola perché c’era la guerra, ma, la mia mamma mi ha insegnato a leggere e scrivere in somalo.
L’arabo l’ho imparato alla madrasa.
Sono nato a Buloburde, una piccola città.
Lì c’è un grande ponte che si chiama ponte Italia, come a Parma, e il lungofiume si chiama via Italia.
La vita in Somalia è molto difficile. C’è la guerra. Esci di casa e vedi uccidere le persone, non sai mai se oggi morirai o no.
Un giorno hanno ucciso mio padre. Siamo rimasti noi 8 figli e nostra madre.
Io sono il quarto fratello.
A 18 anni sono partito dalla Somalia. Il mio viaggio è durato 11 mesi. In Libia, hanno ucciso un ragazzo che viaggiava con me.
L’Italia mi piace perché non c’è la guerra.
Quando sono arrivato è cambiato tutto in bene, anche se dormo da tre mesi sotto un ponte.
Sotto il ponte pensi che ti possono mangiare i topi. Puoi ammalarti, perché c’è sporco e usi l’acqua del fiume. Non c’è il gabinetto. C’è puzza. Puoi prendere malattie dalle altre persone. Possono rubarti le tue cose mentre dormi. Possono rubarti le coperte e puoi ammalarti per il freddo.
Voglio fare domanda d’asilo. Guardo la città da lontano e sogno che sarà la mia, un giorno. Che mi accoglierà.
Parma mi piace molto, voglio vivere qui tutta la mia vita. Voglio studiare, lavorare e imparare bene l’italiano.
Desidero tante cose belle: una famiglia mia, una bella casa, una bella macchina.
Voglio diventare parmigiano.
Mi piace leggere, disegnare, vorrei imparare a suonare la chitarra.
Sono un ragazzo tranquillo, pacifico, non mi arrabbio mai, non ho timore di niente, solo di Dio.