Nigeria
Pil pro capite
1.968,56 USD (2017)
Aspettativa di vita
52,4 anni uomini, 54,5 donne (2016)
Paesi che si possono visitare senza bisogno di visto
46 (95° posto nel mondo nel 2019)
Global Peace Index
151 (2018), il 16 ° paese meno pacifico del mondo
Global Terrorism Index
8,66 (misura da 0 a 10; dato 2018). L’indice misura l’impatto diretto e indiretto del terrorismo (effetti sulla vita dei civili, le uccisioni, gli incidenti e il numero dei feriti, la distruzione delle proprietà e il danno psicologico sulla popolazione).
Fragile States index
14 su 178 (2019) nella lista degli Stati che si caratterizzano “fragili” sulla base di indicatori della pressione demografica e della convivenza intercomunitaria, presenza di sfollati interni, corruzione, disuguaglianza economica, delegittimazione dello stato, sospensione e arbitraria applicazione della legge, ingerenze esterne sulla politica di governo, deterioramento dei servizi pubblici, abusi contro i civili da parte dell’esercito e delle forze di sicurezza.
Indice di percezione della corruzione
144 su 180
Popolazione
La Nigeria, Repubblica federale presidenziale indipendente dal 1960, con i suoi 250 gruppi “etnici” (i principali: Hausa (25%), Yorouba (21%), Igbo, Ijaw, Kanuri, Fulani, Ibibio), è il paese più popoloso dell’Africa e conta 190 milioni di abitanti, nel 2030 saranno circa 230 milioni. L’aspettativa di vita è di 52 anni per gli uomini e di 54 anni per le donne.
La Nigeria è il paese più ricco dell’Africa in termini di prodotto interno lordo (375,8 miliardi USD; 1.968,56 USD di Pil pro capite nel 2017), ma è anche quello che ospita il più gran numero di persone che vivono nella povertà estrema: la Nigeria, secondo l’ultimo rapporto di World Poverty Clock del World Data Lab di Vienna, conta infatti 87 milioni di abitanti in estrema povertà, un numero che colloca la nazione dell’Africa Occidentale in vetta alla classifica mondiale.
Nel 2018 nel paese si contavano più di 2 milioni di sfollati interni (IDPs), di cui 613mila nuovi sfollati interni a causa dei conflitti e della violenza nel Nord da parte di Boko Haram e 311.000 IDPs che hanno registrato un medio progresso verso soluzioni stabili (Fonte: http://www.internal-displacement.org).
Pena di morte
La pena capitale è prevista come obbligatoria per omicidio, rapina a mano armata o tradimento, truffa e i reati contro lo Stato. In base ad un calcolo pubblicato dal New Telegraph il 5 febbraio 2018, il numero dei detenuti in attesa di esecuzione ha raggiunto quota 2.277, con 837 nuove condanne a morte andate definitive nel corso del 2017 e gennaio 2018. Nel dicembre 2012, l’Assemblea Nazionale della Nigeria ha approvato un emendamento alla Legge sulla Prevenzione del Terrorismo del 2011, confermando la pena di morte per gli autori di atti terroristici.
Sharia
Il sistema giuridico a livello federale si basa sulla common law inglese, ma a partire dal 1999 dodici Stati del nord della Nigeria a maggioranza islamica hanno introdotto la Sharia nei loro Codici Penali. Indignazione internazionale ha suscitato la condanna alla lapidazione per adulterio di Safiya Hussaini e Amina Lawal. L’introduzione della Sharia ha innescato contrasti con le minoranze cristiane sfociati in scontri armati che hanno causato migliaia di morti. Le autorità nigeriane hanno più volte ribadito che la Costituzione nigeriana non consente lapidazioni, amputazioni, fustigazioni e altre punizioni del genere previste dalla Sharia.
Leggi discriminatorie
In Nigeria, l’omosessualità è penalmente perseguita nel Criminal Code Act, Chapter 77, Laws of the Federation of Nigeria, 1990, Section 214, 215 e 217. A dicembre 2013 il Parlamento ha approvato il Same-Sex Marriage (Prohibition) Act, che proibisce il matrimonio tra due persone dello stesso sesso, vietando altresì la registrazione di associazioni e organizzazioni gay, il sostegno a tali organizzazioni e le dimostrazioni in pubblico dirette o indirette di relazioni sentimentali tra persone dello stesso sesso. La medesima legge punisce con la reclusione sino a quattordici anni le persone omosessuali che si sposino e con la reclusione fino a dieci anni chiunque si iscrive o opera in organizzazioni gay o compia delle manifestazioni in pubblico di relazioni omosessuali. Dopo l’entrata in vigore del Same Sex Marriage Prohibition Act vi è stato un considerevole aumento degli arresti e delle violazioni dei diritti umani, anche da parte della polizia; altre fonti riportano maltrattamenti durante gli arresti, anche sulla base di semplici pretesti, estorsioni e invasioni della privacy ed evidenziano che le procedure investigative sono arbitrarie e basate su meri sospetti e a volte si concludono con costrizioni a sottoscrivere delle confessioni di colpevolezza. L’entrata in vigore del Same Sex Marriage Prohibition Act ha comportato un aumento dello stigma per gli omosessuali anche da parte della società nigeriana, e numerosi sono gli abusi riportati dalle persone appartenenti al gruppo LGBT, le quali hanno timore a denunciare tali fatti alla polizia, per non subire ulteriori abusi (EASO, Country Focus 2017, pag. 46 e 49). Sussistono, pertanto, i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, in quanto la condizione di omosessuale comporta l’appartenenza della persona ad un gruppo sociale e, alla luce dei rapporti che si sono sopra riportati, vi è il fondato timore di una persecuzione, tanto da parte dello Stato, quanto da parte di soggetti privati, senza che lo Stato garantisca una adeguata protezione.
Migrazioni forzate
Le cause delle migrazioni forzate degli uomini e delle donne nigeriani possono essere così sintetizzate:
- La tratta degli esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale, lavorativo e coinvolgimento in attività illecite;
- La persecuzione religiosa negli stati del Nord Est di Borno, Yobe e Adamawa;
- Gli scontri tra agricoltori e mandriani appartenenti a gruppi etnici diversi, vigilantismo e sequestri a scopo d’estorsione negli Stati nigeriani di Sokoto e Zamfara;
- L’inquinamento, gli effetti dei cambiamenti climatici causati dallo sfruttamento delle risorse petrolifere, l’iniqua redistribuzione dei proventi per il benessere della comunità e le conseguenti rivolte e la repressione politica nel Delta State;
- La criminalità negli stati del sud est del paese (vigilantes, cultist e banditismo);
- La repressione del movimento indipendentista del Biafra;
- La discriminazione di genere;
- La persecuzione delle persone LGBT;
- La persecuzione dei membri dei gruppi cultist e di coloro che rifiutano l’adesione ai cultist.
In Italia
Il numero di cittadini nigeriani in Italia è di 106.069, il 2.1% della popolazione straniera (dato ISTAT 2018). L’ammontare delle rimesse dall’Italia verso la Nigeria ha registrato una riduzione del 51,5%, passando da 48 milioni di euro nel 2012 a 23,3 nel 2017. Il trend di contrazione dei flussi di denaro diretti verso la Nigeria è iniziato nel 2015, per poi accelerare nei due anni successivi (Fonte: www.lavoro.gov.it/documenti-e-norme/studi-e-statistiche/Documents/).
La Nigeria è il primo paese di origine dei richiedenti asilo in Italia. Nel 2017 24.050 cittadini nigeriani hanno richiesto protezione internazionale in Italia: il 6,4% ha ottenuto il riconoscimento della protezione internazionale; il 20,5 % la protezione umanitaria e il 69,3 % non ha avuto il riconoscimento di alcuna forma di protezione (https://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained). Sempre nel 2017 il 30% dei richiedenti asilo nigeriani era composto da donne. L’aumento della componente femminile è legato alla capacità delle organizzazioni criminali nigeriane di inserirsi nelle rotte dei rifugiati e di pianificare il reclutamento, lo spostamento e lo sfruttamento delle vittime attraverso la riduzione in schiavitù nei paesi di transito e nel paese di asilo.
A Parma
Lo status di rifugiato è stato riconosciuto negli anni 2017-2019 a tre donne richiedenti asilo vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale con presa in carico del servizio Anti tratta del comune di Parma. La Commissione ha ravvisato gli elementi riconducibili alla tratta quali il reclutamento in Nigeria attraverso la promessa di un lavoro in Italia, la costruzione di un debito verso la madame come strumento di ricatto e di assoggettamento, la mancanza di alternative durante lo spostamento nei paesi di transito (sottrazione dei documenti di viaggio, esposizione alla violenza dei trafficanti in Libia), la costrizione alla prostituzione nelle connection – house in Libia, la riduzione in schiavitù in Italia.
La protezione umanitaria è stata riconosciuta, sempre negli ultimi tre anni, a due donne vittima di tratta a scopo di sfruttamento sessuale in Libia e a una donna madre sbarcata in Italia con il figlio minore. La commissione territoriale ha motivato il diniego della protezione internazionale in quanto il meccanismo della tratta si è interrotto in Libia e pertanto la riduzione in schiavitù non ha avuto luogo in Italia. L’equipe di area legale ha sostenuto le richieste di protezione internazionale documentando attraverso le COI il rischio di re – trafficking in Italia a fronte della conclamata presenza in Italia delle organizzazioni mafiose nigeriane e in caso di rientro forzato in Nigeria. In caso di rientro in Nigeria le donne trafficate dal paese di origine a scopo di sfruttamento sessuale corrono il rischio reale di subire persecuzione, trattamenti inumani e degradanti e la possibilità di essere nuovamente reclutate. Nel report di EASO, Meeting Report Nigeria Practical Cooperation Meeting afferma Sine Plambech, è un “migration” e “traffickink hub”, un centro di migrazioni e di traffico Sine Plambech afferma che gli uomini e le donne trafficati che rientrano a Benin City come deportati si ritrovano a vivere in una città dove tutti vogliono scappare. I deportati si reinseriscono in modo volontario o forzato nel sistema di reclutamento con i ruoli di smuggler, di trafficker o di collaboratrici della madame alla ricerca di nuove vittime. Sine Plambech analizza e legge il sistema della tratta a scopo di sfruttamento sessuale come “aperto in entrata e in uscita: i deportees e i returnees diventano gli attori del reclutamento”. Il re-trafficking è legato allo stigma e al debito: per uscire dallo stigma e per ripagare il debito non rimane che rientrare nel sistema di traffico con ruoli di volta in volta differenti.
Per approfondire
EASO, COI Nigeria. La tratta di donne a fini sessuali, Ottobre 2015
EASO, Meeting Report Nigeria Practical Cooperation Meeting, Roma 12-13 Giugno 2017
GSDRC, Conflict, instability, and resilience in Nigeria Rapid Literature Review, February 2018
Human Right Watch, The Warri Crisis: Fueling Violence, Dicembre 2003
Maragnani Laura, Aikpitanyi Isoke, Le ragazze di Benin City. La tratta delle nuove schiave dalla Nigeria ai marciapiedi d’Italia, Melampo 2007
UNHCR, Considerazioni in materia di protezione internazionale riguardanti le persone che fuggono dalla Nigeria nord-orientale (stati di Borno, Yobe e Adamawa), ottobre 2013
Video documentario La passeggiata, con Isoke Aikpitanyi, prodotto da Le Giraffe